Pensatore francese. Compiuti gli studi all'Ecole
Polytechnique di Parigi, esercitò per qualche tempo la professione di
ingegnere civile in Algeria e in Francia, finché nel 1892 decise di
dimettersi e dedicarsi agli studi di scienze sociali e di filosofia; lesse P.-J.
Proudhon, K. Marx e F. Nietzsche, seguì i corsi di H. Bergson al
Collège de France e, infine, aderì al Marxismo. Dal 1894
iniziò a collaborare con le riviste “L'ère nouvelle” e
“Devenir social”, stringendo successivamente rapporti con A.
Labriola e B. Croce; per il primo scrisse nel 1897 la prefazione dell'edizione
francese dell'opera
Saggio sul materialismo storico, mentre con il
secondo, con il quale condivise l'idea che il Marxismo non fosse una teoria
scientifica ma un modello empirico per orientare l'azione, ebbe un fitto
carteggio. Col tempo,
S. andò acuendo la sua distanza rispetto al
Socialismo riformista di J. Jaurès per approdare a quelle posizioni
radicali che lo elessero a corifeo dell'anarco-sindacalismo francese, come
testimoniano
L'avvenire socialista dei sindacati (1898),
Le illusioni
del progresso (1908) e, soprattutto, quello che è considerato il suo
capolavoro,
Riflessioni sulla violenza (1908). In quest'ultima opera
S. sottopone a una serrata critica democrazia parlamentare, materialismo,
economicismo e ottimismo storico e attribuisce alla violenza proletaria il ruolo
di fattore fondamentale per il mutamento storico e allo sciopero generale la
funzione di mito in grado di muovere l'azione. Deluso dagli anarco-sindacalisti,
a partire dal 1910
S. si avvicinò al movimento di destra Action
française, collaborando con la rivista nazionalista
“L'indépendance” (1911-13). Schieratosi contro la
partecipazione francese alla prima guerra mondiale, non esitò a prendere
posizione a favore della Rivoluzione bolscevica del 1917 e degli esperimenti
torinesi dei consigli di fabbrica del 1921 (Cherbourg 1847 - Boulogne-sur-Seine
1922).